Ieri sera a Milano, al Dal Verme, la violoncellista Natalia Gutman con l’ Orchestra i Pomeriggi Musicali ha suonato il Concerto per violoncello e orchestra in la minore op. 129 di Robert Shumann.
Il concerto non mi è piaciuto per niente. Poichè io amo quella donna, attribuirò tutta la colpa alla pochezza dell’acustica del Dal Verme, con pesanti responsabilità anche per l’orchestra e per il direttore (la sua fiorita gestualità ha molto impressionato me, ma non gli orchestrali: non gli davano affatto retta).
Il non numeroso pubblico era assai distratto, ed è stato persino zittito dall’orchestra durante l’accordatura. Come sempre, la sala ferveva di attività e gli spettatori si dedicavano con entusiasmo a:
- frugare lungamente nelle borsette, ispezionando una ad una tutte le tasche dotate di cerniera lampo;
- scartare caramelle con lentezza e rumorosità;
- tirare su col naso con regolarità, ogni due secondi;
- raccontare alla vicina il dettaglio delle proprie vicissitudini ospedaliere con un sottovoce che arrivava fino al foyer, e oltre;
C’era anche un personaggio fisso, in prima fila, che da parecchie sere si dedica assiduamente all’esplorazione delle proprie cavità (della testa, per ora).