(E’ tutto più complicato di così, ma semplifico per cercare di capire meglio.)
Non si entra in un negozio a comprare Windows. Tra le centinaia di milioni di utenti, pochi sono andati ad acquistarlo appositamente. Non certo quelli che l’hanno trovato installato in ufficio, e nemmeno i tanti che hanno preso un PC senza neanche sapere cos’è un sistema operativo.
Succede quindi che per Windows l’utente finale e il compratore sono due persone diverse con esigenze diverse. A chi darà retta Microsoft in caso di conflitto: al cliente o all’utente? La logica e la storia dicono: al cliente. Solo così si spiega che Microsoft spinga e caldeggi con tanta insistenza i sistemi anticopia che nessun utente finale si è mai sognato di chiedere.
Diversa è la situazione di Apple e Linux: qui è l’utente finale che spende (soldi o tempo, e a volte vale più il secondo). Ignorare un utente finale equivale a perdere una vendita, e in questo senso Apple, pur con tutto il sex appeal del marchio, rischia molto associandosi al vagone DRM. Linux invece, che si basa interamente sulla fiducia e sul passaparola, non può propio fare una cosa del genere, e anzi questa svolta da parte della concorrenza rappresenta una ghiotta opportunità di mercato.
Ma non è da ieri che Microsoft maltratta l’utente finale. Hai mai dovuto usare NT Workstation 4.0? Allora ci siamo capiti… Solo che allora non c’erano i blog: l’utente insoddisfatto aveva scarse possibilità di essere ascoltato. Oggi non è più così, e i casi di Dell e Sony lo testimoniano.
Microsoft ha cercato di rispondere e controbilanciare. Ha invocato maggiore trasparenza, maggiore apertura. Molti suoi dipendenti bloggano, e parlano con onestà del loro lavoro. Tutto molto bello e molto condivisibile, ben accetto e fantastico. Ma io credo che il problema di immagine della Microsoft, alla luce di queste considerazioni, sia un problema strutturale irrisolvibile. Ovviamente, spero che rinuncino al DRM, dimostrando che mi sbaglio.