Ovvero: come mia madre scoprì che sapevo leggere
Avevo tre anni. Passeggiavo mano a mano con lei per un viale di Buenos Aires. Mi fermai di botto e tutto orgoglioso esclamai: “CAMPARI!”. Era la scritta in cima a un palazzo. Lei non l’aveva notata, io sì.
Sono nato e cresciuto nell’era della comunicazione di massa. A sei anni ci siamo trasferiti a Milano e il mio programma preferito era Carosello, ovvero la madre di tutti gli indottrinamenti pavloviani. Così come la ripetizione della sequenza luce + boccone induce salivazione nel cane di Pavlov anche senza boccone, allo stesso modo la sequenza marchio + sketch induce felicità nel bambino anche senza Carosello.
Per fortuna a 10 anni ebbi il mio momento “Babbo Natale non esiste” quando mio padre, che lavorava nel settore alimentare, mi spiegò che [attenzione: spoiler] quando il tonno in scatola si taglia con un grissino, è segno evidente di cattiva qualità, del tonno o del grissino, e che la varietà “pinna gialla” è la meno pregiata di tutte.
Cominciai quindi a capire che io ero un target e che stavano cercando di modificare i miei comportamenti a mio svantaggio. Da allora ho sempre diffidato di qualsiasi forma di pubblicità, e ho sempre cercato di evitarla.