Contract for the Web

Il Web è stato progettato per unire le persone e per rendere liberamente disponibile la conoscenza. Ha migliorato il mondo e la vita di miliardi di individui. Eppure molti ancora non possono accedere ai suoi benefici, e per molti comporta costi inaccettabili.
Abbiamo tutti un ruolo da giocare nella salvaguardia del futuro del Web. Contract for the Web è stato creato da più di 80 organizzazioni, in rappresentanza di governi, aziende e società civile, e stabilisce gli impegni che guideranno la politica digitale. Per raggiungere gli obiettivi del Contratto, i governi, le aziende, la società civile e i singoli individui devono impegnarsi a sviluppare, promuovere e implementare il testo del Contratto.

(Sir Tim bernes Lee, Contract for the Web)

Prendere coscienza che il Web è un bene comune da difendere è solo un primo passo, ma è un buon primo passo.

Fake News lo dici a tua sorella

Definizione di notizia:

“una informazione che ho bisogno di sapere e che nessuno mi ha ancora detto”

Se questo è il metro, quasi tutto quel che passa per i canali tradizionali è “fake news”. Ma il termine viene usato oggi per enfatizzare il pericolo legato alla proliferazione delle fonti di informazione, dove non esiste più la voce autorevole di riferimento e ogni notizia ha la stessa potenziale visibilità indipendentemente dalla fonte.

Esiste davvero questo pericolo?

Ogni nuova tecnologia comporta dei rischi, e viene adottata dalla società quando i vantaggi superano di gran lunga gli svantaggi. Dal momento in cui viene adottata da tutti al momento in cui la società prende consapevolezza dei rischi e adotta misure per ridurli,  passano  di solito parecchie decine di anni: pensa per esempio all’elettricità e ai salvavita, pensa alle automobili e alle cinture, all’airbag, all’ABS, alla guida autonoma. E puoi già vedere l’avvicinarsi di un futuro in cui non dovrai più insegnare ai tuoi figli, come prima cosa, a non scendere dal marciapiede.

Allo stesso modo il web è stato adottato dalla maggioranza della popolazione mondiale perché offre innumerevoli e irresistibili vantaggi rispetto al passato: primo fra tutti la violenta accelerazione della velocità di diffusione delle informazioni, e la moltiplicazione infinita delle fonti.

Penso che nessuno onestamente possa dire che si stava meglio quando avevamo un solo canale televisivo e un solo telegiornale. Il filtro alla fonte (all’unica fonte) certificava l’attendibilità dell’informazione, senza  nessuna possibilità di controllo o replica da parte dei consumatori. Le false notizie non erano smascherabili, oppure venivano smascherate dopo mesi o anni.

La colpa è del modello economico

Ma specialmente adesso con la crisi dell’editoria, c’è il bisogno urgente di richiamare sempre più lettori (che invece calano inesorabilmente) per venderli alla pubblicità; e le notizie gonfiate, distorte o inventate di sana pianta, il solleticamento degli istinti più bassi, non sono più una eccezione alla regola ma sono una necessità di sopravvivenza.

Io ti propongo che le fake news sono sempre esistite e che oggi sono in sensibile aumento perché sono premiate dal modello economico informazione in cambio di pubblicità; ed è vero che oggi a causa di internet si diffondono molto più velocemente di prima, ma è anche vero che grazie a internet è molto più facile e più veloce scoprirle, a volte nel giro di pochi minuti.

Che fare?

Se su internet  non esiste più il filtro alla fonte, e se non vuoi rimanere in balia dell’algoritmo, devi per forza imparare a usare il filtro a posteriori: devi chiederti sempre davanti a ogni notizia perché mi arriva, da che fonte, con quale scopo. Si tratta di un lavoro necessario ma duro e noioso, e per fortuna si cominciano a sviluppare strumenti che lo rendono automatico e che possono concorrere, se adottati su larga scala, a mitigare il problema.

E poi ovviamente l’educazione. Conosco una signora che da sempre ripete al figlio (ormai cinquantenne) “non andare nei pericoli”. Ecco, bisogna insegnare ai nostri figli ad attraversare questa nuova strada.

Maestrini, sono dieci anni che dite questa cosa

Dieci anni fa linkavo un post dei Maestrini: L’ingenuità del giudizio. Quote of note:

“qualunque valutazione di merito dei contenuti e del valore di un media sociale è, nella migliore delle ipotesi, ingenua: quel che si valuta è in realtà la propria personale selezione e la propria capacità di trovare persone interessanti, o di trovare interessanti le persone”

Questa cosa dovrebbe essere spiegata a scuola ai bambini, perché i grandi ancora fanno fatica a comprenderla.

Pas de grand homme pour son amis de Facebook

Se sei una persona normale:

  1. Come tutti, sei a volte stupido e a volte intelligente.
  2. Se non fai più differenza tra pubblico e privato, prima o poi sarai stupido in pubblico. Pas de grand homme pour son amis de Facebook.
  3. Dato che non ci sono filtri all’ingresso, sul web troverai la stessa proporzione di stupidaggini che nel mondo fisico.
  4. Una dose moderata di stupidaggini da parte dei tuoi contatti è tollerabile, e compensa quelle che hai sparato tu.
  5. Diversamente dal mondo fisico, sul web è possibile rimediare facilmente in caso di recidivia.

stupid

Se invece gestisci una pagina che fa grandi numeri per una qualche notorietà o per bisogno di entrate pubblicitarie, inevitabilmente attirerai i pazzi più scatenati con i commenti più orribili. Mi dispiace per te, ma è un problema tutto tuo che non mi tocca. Auguroni.

Dar voce è diverso da prestare orecchio

Certo che se tu la pensi nei vecchi termini di scarsità e di selezione a monte, il fatto che l’imbecille sia sullo stesso piano del premio Nobel e che ne abbia la medesima visibilità, è una sciagura terribile.

Ma basta un minimo di frequentazione del web per sapere che i cretini esistono solo quando te li vai a cercare espressamente (tra parentesi, perché lo fai? curiosità antropologica o ti piace sentirti superiore?).

E persino nel mondo fisico, questa mattina in treno ero seduto accanto a due giovani donne che si confidavano problemi d’amore con totale sprezzo della privacy e del riassunto: “Io gli faccio ‘Allora?’ e lui mi fa ‘Eh’ e io gli faccio ‘Beh?’ e lui mi prende la mano e fa ‘Eeeeee’ (etc. etc.)”. Dopo pochi secondi avevo in cuffia le Godberg di Perahia e ho trascorso il resto del viaggio nella più totale felicità.

Per finire, come direbbe una mia cara amica di Taranto:

“Lo que Juan dice de Pedro, dice más de Juan que de Pedro”