E’ stata invocata più volte ieri al TED, con forza da Chiara Somajni e più sottilmente da Luca de Biase, la necessità di tornare a un terreno comune che internet avrebbe distrutto o rischia di distruggere.
La tesi, se l’ho capita, è che
- tramite internet ognuno si costruisce il suo gruppetto di simili;
- questo gruppetto è chiuso verso l’esterno e non lascia entrare le notizie importanti;
- a causa di questa chiusura, il gruppetto si impoverisce di informazione invece che arricchirsi;
- dalla atomizzazione dello spazio pubblico consegue una perdita di identità nazionale e varie altre calamità.
L’ho sentita più volte questa storia e ogni volta me ne meraviglio: perché non è questa la mia esperienza. Al contrario,
- tramite internet sono parte di un gruppo di persone molto più diverse di quelle che incontro fisicamente ogni giorno;
- questo gruppo è composto di persone che a loro volta fanno parte di altri gruppi e che filtrano notizie da questi gruppi verso il mio gruppo;
- a causa di questa porosità, il mio gruppo si arricchisce di informazioni e di idee molto più che non (facile battuta) guardando il TG1;
- lo spazio pubblico sarà anche atomizzato, ma le informazioni importanti circolano alla velocità della luce e lo unificano ad hoc.
Ho l’impressione che l’allarme sui pericoli di internet non si basi sulla osservazione scientifica dei fatti reali ma esprima una paura, anche legittima, di chi non capisce e si sente tagliato fuori. Non mi spiego altrimenti che si parli dei rischi, pochi e molto teorici, senza menzionare le enormi e concretissime opportunità. E poi, mi si dica esattamente perché era meglio quando tutta l’Italia la sera guardava Carosello.
La “tesi” di Ted non tiene conto che ciascuno non fa parte di un solo gruppo, ma di diversi che non sono coincidenti. Il meccanismo FOAF, pur con tutte le sue pecche e limitazioni, è uno dei motori più forti per la circolazione delle idee. Come diceva uno saggio che al momento non ricordo chi fosse: “Io non sono il grande pubblico” 😉
Il concetto credo sia stato formalizzato col nome di Filter Bubble:
http://www.thefilterbubble.com/
A me capita per esempio di non leggere un articolo di destra da anni…
Grazie Giorgio del link. Io credo che queste bolle siano molto più permeabili di come le dipingono, o almeno questa è la mia esperienza.