Ieri pomeriggio sono stato a sentire Giornalismi e status quo: come si vive il cambiamento in redazione. L’evento è stato ripreso in video, per cui aggiungo solo qualche annotazione veloce.
Riassumendo, mi pare che tutti gli attori della stampa tradizionale (giornalisti, ordine, sindacato, editori, scuole) abbiano oggi una buona consapevolezza di cosa sta succedendo, del perché sta succedendo e di come se ne esce; ma nessuno fa niente. Quel sistema è troppo complesso e quindi incapace di adattarsi. Parallelamente, le nuove realtà dell’online nascono, crescono, si adattano. Certamente non rimarremo senza informazione.
Pino Rea introduce i lavori dicendo che la situazione non è poi così negativa, dato che “le testate online hanno molti lettori”. Me lo immagino in aereo, con un motore in fiamme e quasi senza benzina, che tranquillizza i vicini in prima classe, perché le poltrone sono comode e lo spumante è gratis.
Per De Bortoli e Feltri che vivono nella carta, “cambiamento traumatico” ricorda il passaggio dal piombo alla fotocomposizione; invece per Michele Mancino del quotidiano online VareseNews “cambiamento traumatico” è la transizione dai blog a Facebook. Mi sembra chiaro che siamo di fronte a due mondi completamente diversi e non comunicanti. Mi sembra di capire che le novità nel mondo dell’informazione ci sono, e anche molto interessanti (ne ha parlato anche Guido Romeo di Wired), ma che gli attori tradizionali sono abbastanza tagliati fuori.
Del perché sono tagliati fuori ne ha detto Walter Passerini della scuola di giornalismo di Milano, svolgendo una impietosa analisi della situazione di crisi, sottolineando che essa è dovuta principalmente a errori strategici interni e solo secondariamente a internet: in particolare l’aver investito pesantemente nelle tecnologie di stampa invece che nelle persone. Un’altra cosa interessante che ha detto Passerini è che il modello “omnibus” dei grandi giornali italiani non può funzionare a lungo perché non c’è più il pubblico ma i pubblici. Io lo dissi qualche anno fa a un giornalista italiano, che non la prese benissimo.
Luca De Biase credo sia stato l’unico in sala a parlare, finalmente, del pubblico e del problema della percezione di valore: se io non percepisco un valore, tu puoi dire quello che vuoi ma io non pago. E a un certo punto ha tirato fuori la teoria dell’informazione di Claude Shannon, il che mi fa sospettare che abbia appena letto anche lui The Information: a History, a Theory, a Flood di James Gleick (che consiglio caldamente a tutti).
Proprio così.. Gran bel libro.. E distinzione fulminante tra messaggio e significato… 🙂
E tu fammi sapere se vuoi che cosa pensi di “Cambiare pagina”.. 🙂