A difesa del Social Marketing

Dice Gianluca: “Il marketing tradizionale c’ha messo 40 anni per putrefarsi, quello social dopo 4 già puzza”.

Dice Delymyth: “Scusate. Questo blog e’ mio, e resta mio. Per guadagnarmi da vivere, ho un lavoro. Per 66€ non mi vendo. Scrivo quello che voglio, quando voglio. Come ho fatto per sei anni e mezzo”.

Il post di Elena è molto interessante, come anche il resto della discussione nei commenti e su Friendfeed.

Qual’è il succo? Pagano il blogger perché scriva del prodotto X, ma in cambio dei soldi pretendono di avere il controllo.

Un aspetto interessante della questione è che i blogger ci tengono molto a sottolineare che sono indipendenti e non guardano in faccia nessuno e non si lasciano condizionare da soldi, regali e premi: scrivono recensioni oggettive e se c’è da dire male non si tirano indietro. Io sospetto che al prodotto X non freghi assolutamente nulla del testo del post, purché ci sia un link alla pagina giusta. Google conta i link, non le opinioni pro/contro.

Un altro aspetto interessante è che queste tecniche di vendita non sono nuove, è dal 1931 che la Stanley Home Products usa le casalinghe per vendere alle loro amiche.

Si tratta di strategie nobilissime, perfettamente lecite ed efficaci, ma marginali. E se da una parte è vero che internet aumenta il cerchio degli amici, e quindi il potenziale target (aargh!), è anche vero che la reputazione, sia del venditore che del prodotto venduto è molto più soggetta a scrutinio di una volta, con tutto ciò che ne consegue.

E’ per questo che la puzza, come dice Gianluca, si nota prima.

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