I rischi (non quantitficati) dell’informazione digitale

Luca de Biase segnala su Problemi dell’Informazione (pdf 390kb) un pezzo di Claudio Guia dal titolo “Il giornalismo sulla scena digitale, di cui mi interessa riportarti questo paragrafo significativo:

I rischi maggiori che il lettore/cittadino corre in una società con una mole enorme d’informazioni digitali prêt-à-porter ma poche organizzazioni di raccolta, selezione e trattamento professionali delle notizie sono anzitutto l’«effetto Babele», cioè l’impossibilità di distinguere, nel frastuono di voci che reclamano attenzione, le più professionali, affidabili e autorevoli; poi l’«effetto copia-eincolla», per cui si perde traccia dell’origine e del percorso di un’informazione ripresa e rilanciata da aggregatori, siti, blogger, che si trasforma in una verità auto referenziale; infine, l’«effetto rassicurazione», che è quello provocato dai software che riconoscono gli interessi dell’utente e gli fanno avere solo un certo tipo d’informazione: quando questo accade, diventa più difficile confrontarsi con il nuovo e dunque, nel caso, cambiare opinione
(anche qui, una democrazia che evolve non può che soffrirne).
Per non correre questi rischi, va tenuta viva la funzione del giornalismo professionale e, dunque, della libera stampa.

Si tratta di una opinione che sento ripetere spesso nel mondo della carta stampata, e che da un lato giustifica l’esistenza in vita della struttura del giornalismo di carta, anche senza la carta, a salvaguardia della democrazia di un paese libero: teoria molto romantica che però ha poco a che vedere con la pratica dei quotidiani. Dall’altro paventa tutta una serie di rischi (non quantificati) che dimostrano solo una cattiva comprensione delle dinamiche della rete.

Io parlo da normale utente della rete, non da esperto. Mi ricordo che quindici anni fa c’era qualcosa che assomigliava all'”effetto Babele” di cui parla Claudio Guia; ma “l’impossibilità di distinguere le voci più professionali” è stata ampiamente superata da quando c’è Google. Se hai imparato ad usarlo, non dovrebbe essere più un problema; come non dovrebbe essere un problema “perdere traccia dell’origine e del percorso” (hai presente i link?, uno li segue e…).

Trovo poi fenomenale quella sull’effetto rassicurazione, per cui ricevendo solo l’informazione che veramente ti interessa, “diventa più difficile confrontarsi con il nuovo”. Mi sembra invece vero il contrario: l’informazione che aggrego dalle mie cinquecento fonti è molto più diversificata di quella che un qualsiasi giornale di carta può darmi.

Il punto fondamentale è proprio questo: si parla tanto della fine della carta, ma la parte del giornale che è diventata obsoleta è la redazione, che per quanto brava non sarà mai capace di scegliere per me, meglio di quanto non faccia già io.

Aggiornamento:
Su friendfeed si è sviluppata una discussione lunga ma dai toni pacatamente razionali: “Che cazzata”, “Qui è tutto sbagliato”, “secondo me è una tavanata”, “è la palude del pensiero che mi fa inorridire”, per citare alcune delle opinioni espresse in quella sede.

10 risposte a “I rischi (non quantitficati) dell’informazione digitale”

  1. Ho trovato ragioni condivisibili in tutti e 2 i lati della questione. Di tutto il ragionamento di Gaspar c'è una parte su cui ho dei dubbi e non marginali. Si tratta della competenza e capacità di chi usa Google.
    Ho avuto esempi di gente che pensava di essere furba e che si è fermata sulla prima entrata che conteneva un immenso strafalcione. E di li ci ha costruito su un atto di accusa fondato sul nulla.
    Google raccoglie tutto e se l'errore è in maggioranza l'errore diventa la verità.
    Esempio: Co-operazione che diventa (chissà perchè) coperazione (strano ircocervo). Ho trovato articoli su Google con questa parola giusta nel titolo e errata (random) nell'articolo.
    In un mondo dove le tesi universitarie cominciano ad avere Wikipedia come referenza, io mi preoccuperei: per me questo è pericoloso come il Fascismo.

  2. Marco, mi sembra che il punto non è se sono possibili errori.

    Il punto è se adesso ci sono più errori di prima.

    Immagino avrai capito che secondo me è meglio adesso 🙂

  3. Il problema è che secondo me è solo meglio in teoria (e sarei anche d'accordo) se non…
    Prendiamola alla lontana, da mia moglie maestra Elementare (una 2° quest'anno) e la sua possibilità di fare confronti fra le generazioni. Questo infatti è il suo 4° ciclo completo nello stesso bacino d'utenza. I bambini socialmente sono migliorati ciclo su ciclo. La capacità degli stessi è diminuita ciclo su ciclo. Non sanno più studiare, lavorare, non hanno più capacità di analisi e un sacco di altre cose. Fanno un sacco di attività ma nessuna bene. E a scuola, mentre la maestra è migliorata ancora (nonostante i 56 anni attuali) ciclo su ciclo, loro sono sempre più preoccupanti. E me lo faceva vedere proprio ieri con i quadernoni di un paio di suoi cicli scolastici. Questi di oggi fanno molto peggio e molto meno. E i genitori mi sa che c'ha (è un mio vezzo) ragione la Mastrocola che dice che i figli dei figli del 68 sono proprio quasi irrecuperabili. Su questa base di partenza mettiamo il fatto che ormai, per loro, giocare vuol dire la Play e studiare vuol dire fare copia/incolla acriticamente da testi che non capiscono, che non approfondiscono e che non trovano nessun interesse ad imparare perchè quella pagina tanto sarà ancora li domani. Pensiamo questi "mostriciattoli" fra 10/15 anni. Io spero già di esser morto (c'ho 66 anni) perchè se devo dipendere da loro preferisco "morire da piccolo". Io sono più vecchio del "povero" Metitieri. Ho speso 35 anni in IBM di cui 3 in California ed 1 in giro per i 5 continenti. Ho imparato a studiare e a trovare le infos anche usando il computer ma soprattutto la testa ed il mio discernimento. Al giorno d'oggi con la pappa già pronta e nessuno stimolo ad usare la testa non ho grandi speranze per le generazioni future. Scusa la logorrea ma è un argomento che abbiamo discusso per più di un ora anche coi mie figli (20 e 25) che erano della mia stessa opinione! Mi ha colpito soprattuto la femmina (20) che era anche più estremista di me sulle nuove generazioni!

  4. Marco, leggendo il tuo racconto la prima cosa che mi viene in mente é che davvero è un problema grave se la scuola accetta i copia/incolla acritici senza verificare la reale comprensione. Ma è "colpa" della scuola, non di internet (secondo me, eh?).

    D'altra parte comincio a sentire di professori che si sono attrezzati e cercano su Google le frasi dalle ricerche dei loro studenti, per scoprire da dove hanno copiato 🙂

  5. Beh, la smetto qui se no sembra uno stalking telematico fatto da un verboso 66enne che non ha altro da fare che impestare FF o i blog di mezzo mondo. Ma mi ha colpito la serietà con cui mia figlia ieri sera se la prendeva con questa società iperprotettiva che sta rovinando il suo futuro. Per tornare al copia/incolla (in 2° elementare) è ovvio che è fatto dai genitori. Il problema è che i bimbi non si fanno domande e neppure cercano di capire che cosa è stato assemblato. Ovviamente diventa macroscopico più si va avanti nel grado scolastico.
    Per chiuderla qui, in USA è già molto usato nelle scuole un SW di ricerca copiatura dalla blogosfera o da altri compagni (perchè li i bravi ma poveri vendono le tesine)!
    Io, secondo me, avrei un argomento molto convincente e riguarda il programma spaziale e l'Apollo 13.
    Gli Americani hanno usato la decisione dell'uomo al posto di usare dei computer sofisticatissimi e complicatissimi. Tanto potenti ma comunque inferiori alle capacità di decisione di un uomo esperto di età non giovanissima sposato felicemente e con figli (che era il prototipo degli astronauti). Il famoso Apollo 13, affidato alle macchine NON sarebbe mai ritornato sulla terra.
    Lo stupido è che nel Settembre 1987 io ero in California, a San Josè, proprio in concomitanza del Black Friday della borsa.
    Li, stupidissimi programmi automatici di vendita quasi distrussero gli USA ed il mondo occidentale prendendo tutti la stessa stupida decisione: Borsa cala, vendi per rientrare. IBM vide crollare l'azione da 170/180 a 60 USD in una sola sessione.
    Ed il crollo totale, stile scena finale del film "Trading Places" (Una poltrona per 2), non avvenne per una semplice ragione. L'HW dell'epoca, nastri, dischi, stampanti si bloccarono e un Backlog di miliardi di USD di vendite non venne eseguito.
    Per la borsa usavano solo computer.
    Incubo stile "Metropolis".
    Come dice un vecchio detto USA: "A man can do terrible damages but to completely screw-up you need a computer". Non sono un luddista, per neiente, ma non sempre loro hanno torto!

  6. Grazie per l'attenzione ma era qualcosa che volevo dire da un po' di tempo e Gaspart è stato solo "l'utilizzatore finale" delle mie frustrazioni. Grazie per la pazienza e per non avermi mandato a quel paese. Fino ad oggi mi ero permesso di disturbare un'altra volta soltanto, in coda ad una discussione di Gaspart con SirSquonk.

  7. Interessante divagazione di marcoscud. Tornando al ruolo dei giornalisti, ci sarà ancora richiesta di indagine e approfondimento giornalistico, su temi non di attualità, molto specifici, e sull'attualità locale.
    La carta porta un'alta densità di informazioni e su foliazioni ridotte è molto efficiente: pensa a luoghi remoti, situazioni disagevoli, assenza di copertura dati.
    Le redazioni non so. Quel che so è che molti giornali (carta e rete) finiscono ad essere grosse, stucchevoli cornici per far risaltare la pubblicità. E io non sono corniciaio, e non mi interessa la pubblicità.

  8. Jan:Sono d'accordo totalmente con te. Cose che avrei potuto e dovuto dire io, ma nella massa (un po' eccessiva) delle mie elucubrazioni se ci avessi aggiunto anche questo filone avrei usato BLURB e avrei scritto un instantBook.

  9. Marco, ti ringrazio e non farti nessun problema sulla lunghezza dei commenti. Io amo ripetere che il computer è un idiota efficiente, e che il modo migliore di usarlo è quello di affidargli la parte noiosa e ripetitiva del nostro lavoro, riservando a noi la parte intelligente. Altro che "sistemi esperti"! Sono vent'anni che Word non è capace di fare la correzione ortografica 🙂

    Jan: in questo post ho evitato di parlare dei giornalisti, che è un problema molto diverso da quello dei giornali. Brevissimamente, credo che ci sarà sempre un forte bisogno di reporters e di editorialisti, e che scomparirà il cosiddetto "desk" (il giornalista al terminale).

  10. Seguire i link… e il bello è che sono proprio i giornali a non metterne uno a pagarlo. Hai ragione, le parti obsolescenti sono proprio le redazioni.

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