L’interessante filo del discorso era cominciato da Pandemia, è passato per diversi blog, è approdato recentemente da Sergio Maistrello. Aggiungo qui i miei due centesimi. Certamente è più complicato di così, ma non la voglio fare lunga; quindi, riassumo:
Come la conosciamo oggi, la pubblicità è una forma di comunicazione aziendale di massa
- che si è sviluppata in perfetta simbiosi con l’enorme espansione degli strumenti di comunicazione di massa,
- che si rivolge a un mercato di massa,
- utilizzata da aziende che vendono prodotti di massa (ma dai!).
Questa forma di comunicazione è in crisi. La crisi è dovuta alla diminuita importanza della massa:
- nella produzione (i torni a controllo numerico che permettono le piccole serie; la Barbie personalizzata)
- nel pubblico (la coda lunga; i mercati di una persona; eccetera)
- nella comunicazione (il web; myquesto e myquello; email e im; blogs, feed; etc)
Gli strilli sempre più acuti della pubblicità di massa, e il sempre maggiore senso di fastidio che generano, nascono da questa crisi: uno strumento sempre meno adatto. Altri strumenti di comunicazione aziendale sono invece vivi e vegeti e prosperano: la pubblicità mirata, il passaparola, l’instaurare conversazioni con i propri clienti.
Insomma: scompare il consumatore, ritorna il cliente.