Mangiamo carne non più di una volta alla settimana, a volte anche meno spesso. Ma Carlo è appena tornato da Livigno e ci ha portato un intero filetto, tenero e saporito, e ce lo stiamo facendo fuori alla piastra, a fette alte tre dita. Una meraviglia.
Passo la piastra calda con un pezzettino del suo grasso, poi con la fiamma al massimo faccio andare sessanta secondi da un lato, a fare la crosticina, poi abbasso al minimo e giro. Lascio cuocere lentissimamente fino a che non comincia a sanguinare, poi spengo e lascio riposare cinque minuti. Servo, salo e macino sopra un poco di pepe nero.
In questo modo il calore ha il tempo di diffondersi, la carne si mantiene succosa, e si cuoce senza bruciarsi. Se c’è una cosa che odio è la carne carbonizzata fuori e cruda dentro.
Ora, a Livigno non ci sono allevamenti. La carne viene importata dall’Argentina per la fabbricazione della bresaola, e chissà come arriva anche nei negozi.
La carne argentina è anche apparsa per pochi giorni nel mio supermercato all’epoca degli spaventi della mucca pazza. Poi siamo tornati alla roba immangiabile di sempre.