Questa sera nello spogliatoio sotto la doccia si parlava di Pantani con tono molto obiettivo, mi sembrava, e una punta di sano cinismo.
Ma un ragazzo non ancora diciottenne che se ne stava zitto a un certo punto non si è più tenuto e si è girato e ci ha detto tutto in un fiato che lui quando ha saputo della morte di Pantani è corso in edicola e ha comprato tutti i giornali e poi ha pianto per ore, che lui era andato a mangiare la piadina a casa di Pantani, che lo aveva seguito al anche giro quando lo avevano squalificato e anche allora aveva pianto per quella palese ingiustizia che lo avevano usato come capro espiatorio perchè c’era bisogno di dare un esempio senza però cambiare niente, che Pantani si era rovinato fuori dal ciclismo e non dentro nel ciclismo, e che il ciclismo era lo sport più bello del mondo e che il Pirata rimaneva per lui sempre un mito, l’unico mito dello sport Italiano.
Ne è seguito un silenzio di tomba. Zitti ci siamo asciugati, cambiati e siamo venuti via alla spicciolata. Mentre tornavo a casa pensavo che anch’io da adolescente avevo i miei miti e vedevo solo il lato bello ed eroico della vita, e mi è venuta nostalgia.