Ti avevo già parlato entusiasticamente di questa splendida orchestra, tornata ieri al Conservatorio di Milano con la pianista Sa Chen (una delle vincitrici al Concorso Chopin di Varsavia del 2000: mia madre era andata a sentire e ne diceva meraviglie) con questo programma:
Serghei Rachmaninov
Concerto n. 2 in do minore op. 18Johannes Brahms
Sinfonia n. 1 op. 68 in do minore
Dicono che Rachmaninov avesse scritto il Concerto n. 2 con il preciso scopo di farne un successo. Ma un genio è un genio, anche quando vuole piacere al pubblico. Se piace troppo, è subcultura? Io penso di no. E quindi mi sono lasciato trasportare, mi sono fatto prendere totalmente da quell’attacco da brivido, con il pianoforte da solo che scandisce note gravi e maestose. L’interpretazione di Sa Chen mi è parsa bella, vera, molto diretta e per niente artificiosa o forzata.
L’unico neo è stato nel finale, troppo sbilanciato a favore dei fiati in fortissimo che coprivano a tratti anche il pianoforte. D’altra parte io sono in quinta fila, settore centrale, di fronte ai violini, e per una orchestra di queste dimensioni credo si cominci ad ascoltare bene dalla fila venti in su.
Sa Chen ha poi bissato da sola con una Sonata di Scarlatti.
La Sinfonia di Brahms è di tono molto Beethoveniano (“Anche un asino se ne accorgerebbe subito” diceva il Maestro a chi glielo faceva notare), anche se a tratti la frase Brahmsiana salta fuori. Musica complessa, furiosa a volte, che occorre sentire e risentire per apprezzare pienamente. Il programma originale la prevedeva per prima, seguita da Rachmaninov, e credo sarebbe stato più logico. Ma poi gli inservienti hanno apparecchiato il pianoforte da subito, e forse per non sparecchiare di nuovo si è deciso di invertire l’ordine. Peccato.
Stasera torno a risentirli, ma al Dal Verme dove ho un posto più indietro. Suonano la sinfonia n. 2 in mi minore op. 27 di Rachmaninov, e poi il Concerto n. 1 in si bemolle minore op. 23 di Ciaikowsky con il pianista Yevgeni Sudbin. Poi ti racconto.