Yuri Bashmet ieri sera era al Conservatorio di Milano con I Solisti di Mosca in un concerto tutto Mozart, con il seguente programma:
Sinfonia n. 29 in la maggiore KV 201
Triplo concerto in la maggiore K 320e per violino, viola e violoncello
Sinfonia concertante in mi maggiore K 364 per violino, viola e archi
Bashmet dirige la Sinfonia n. 29 senza bacchetta, agitando l’indice della destra, ottenendo un bel suono intenso e compatto dai Solisti di Mosca, che sono una ventina. Si notano bellissime ragazze (primo violino, prima viola, un secondo violino) e gli inaspettati calzini corti del corno svelano robustissimi polpacci. A parte il finale “allegro con spirito” che mi è sembrato tirato via un poco convenzionalmente, bella interpretazione.
Il Triplo Concerto K 320e è un frammento incompleto di sole 134 battute, e forse Mozart si era stufato e l’aveva mollato perchè troppo prevedibile, troppo ingessato nei suoi temi esposti a turno dai tre solisti. Ma il gioco dei rimandi rimane sempre affascinante. Mozart ha composto di meglio, ma anche le sue cose meno belle sono pur sempre belle.
Infine la Sinfonia Concertante K 364, considerata dalla critica come il punto più alto mai raggiunto nell’ambito delle sinfonie concertanti di tutti i tempi, sapiente equilibrio di influenze francesi, innovazioni della scuola di Mannheim e tradizioni salisburghesi. Il giovane violino era un poco nervoso all’inizio sull’allegro maestoso, ma poi subito si è messo a suo agio e poi ha trionfato nel celebre Presto finale. Mozart aveva 23 anni quando l’ha composta.
Bashmet suona una viola Testore del 1758 di cui dice “è facile da suonare e ha un bel suono”. La verità è che la sua fenomenale morbidezza di suono è assolutamente unica tra tutti gli strumenti a corda che io abbia mai sentito. Solo Bashmet ci riesce. Questa bellezza è venuta fuori prepotentemente nei bis.
Il primo “dedicato all’amica Laura presente in sala”, una canzone russa di Stravinsky (dietro di lui la prima viola lo accompagnava a occhi chiusi con grande rapimento ed emozione palpabili); il secondo “dedicato all’amica Irina Strozzi anche lei presente in sala”, andante cantabile di Ciaikovsky; il terzo un bel valzer di Toru Takemitsu.