Le tabelle pivot di Excel

Con allarmante frequenza mi capita di entrare in una azienda, anche grossa, e scoprire che:

  1. I dati aziendali vengono raccolti e mantenuti in un database che gira su AS400 oppure Unix oppure altro mainframe, ma comunque non Windows. Si privilegia quindi l’affidabilità e la robustezza, e fin qui molto bene.
  2. Il database non Windows crea dei report periodici, non modificabili dall’utente, consultablili tramite una stampata oppure, nei casi più fortunati, visualizzabili a schermo e incollabili in Excel.
  3. In pochi, rarissimi casi, viene anche prodotto un file di testo delimitato o incolonnato che è possibile importare in Excel con la procedura guidata. Si tratta sempre e comunque di un riassunto, mai di un accesso ai dati originali.
  4. Il problema di fondo è che queste aggregazioni sono state progettate di solito anni addietro da chi gestiva i database, e non da chi gestisce il business oggi.
  5. Ma chi gestisce il database oggi si attacca al proprio potere e non molla il controllo.

Sarebbe così facile implementare i driver ODBC e lasciare che gli utenti si facciano le aggregazioni per loro significative. Che ci vuole a fare una tabella pivot? Niente, se si ha accesso al database.

Invece l’utente che ha bisogno di rispondere a semplici domande, tipo “Chi sono i miei migliori clienti e in che periodo comprano di più?” oppure “Quali miei prodotti contribuiscono di più alla redditività complessiva?”, sono costretti a complicate e lunghissime acrobazie di copia-incolla, quando non addirittura a ripassarsi con l’evidenziatore un pesante tabulato e a riscrivere i dati in un foglio di Excel: va a finire che quando le risposte arrivano, sono già vecchie e non servono più.

Tutto questo succede fondamentalmente perchè chi deve decidere le cose non le capisce, e chi le capisce non può deciderle. E’ su queste cose che le aziende affondano, oppure sopravvivono.