Il primo passo: ammettere che siamo imprudenti.

Aldo Cernezzi, della Federazione Italiana Volo a Vela, analizza lucidamente la lunga catena di incidenti degli ultimi 18 mesi sulla lista del Volo a vela:

“Questo messaggio è lungo, e immagino riceverò qualche critica.

Innanzitutto, voglio dire ancora una volta che abbiamo un problema “culturale”, non tecnico. Quand’ero molto giovane, mi vantavo con gli amici di aver fatto certe curve in moto facendo strisciare le pedane, le marmitte, il cavalletto e qualche volta le scarpe sull’asfalto. Dopo qualche anno ho iniziato a pensare che se fossi scivolato in quelle curve, le conseguenze avrebbero potuto essere fatali. Poi, nel traffico cittadino, a circa 70 km/h, ho avuto un banale incidente: ci ho messo più di due anni per guarire. Oggi, riconosco lo stesso atteggiamento nel volo vicino ai pendii. Sembra che ci sia qualcosa di cui vantarsi nel “rock polishing”, il lucidare i costoni. Magari in virata. C’è certamente il rischio dell’emulazione da parte dei meno esperti, quindi i migliori dovrebbero comunque astenersi. Alcuni casi, peraltro, dimostrano che anche i più esperti talvolta sbagliano.

La riduzione dei margini di sicurezza non può che generare, prima o poi, la catastrofe. E’ solo questione di tempo.

Se il problema è, come temo, culturale, non c’è una soluzione immediata. Ci vorranno anni per cambiare mentalità. Le recenti richieste non solo sulla mailing list ma anche di persona, di chiarimenti sulla dinamica dei tanti incidenti, mi sembrano immotivate e fuorvianti. Si cerca una spiegazione specifica dei singoli eventi, per poter trovare una nostra pace, e archiviare il problema.

Fatta questa lunga premessa, vengo a trattare molto sinteticamente gli eventi degli ultimi tragici 18 mesi. So che non dovrei farlo, per le indagini che sono in corso, per il fatto che non sono stato testimone di nessuno di questi eventi, e perché potrei divulgare delle inesattezze.

Il 6 gennaio 2001 muore un pilota (di esperienza abbastanza limitata) partito da Rieti, nel tentativo di compiere un fuoricampo nella valle di

Leonessa: con vento da Ovest, si era lasciato portare in sottovento al Terminillo. La sua accettazione dell’inevitabile atterraggio è stata probabilmente tardiva, e in finale ha urtato una linea elettrica, cadendo di muso e uccidendosi. Volo senza fini agonistici. … In Maggio, durante i CAmpionati Italiani di Belluno, un pilota della Standard (di categoria nazionale da due anni) impatta col pendio boscoso mentre esegue dei giri in termica. Sopravvive senza lesioni, grazie a un po’ di fortuna e alla velocità ridottissima. Il suo racconto è stato pubblicato su VoloaVela, con la foto dell’aliante. Nella stessa gara, muore un trainatore, la cui ala è stata tranciata dal cavo di un altro traino. … In Agosto, durante la CIM, un pilota (di buona esperienza, oltre 1300 ore) impatta col pendio del Gorzano mentre, pare, compie delle spirali. La giornata era caratterizzata da buone salite in pendio, che oltre una certa quota improvvisamente diventavano molto turbolente. Al mio aliante, per esempio, quel giorno si sono spesso aperte le patelle del vano carrello a causa delle incontrollabili derapate e scivolate, tali da mettere il filo di lana a 90 gradi. Io non ho mai chiuso il giro se non con almeno 150 metri sulla cresta. … Un mese dopo, durante un allenamento all’acrobazia, un istruttore con grandissima esperienza e il suo allievo si schiantano a Viterbo, in vite forse rovescia e piatta. Probabile che abbiano prolungato il programma acrobatico fino a quota troppo bassa? Volo senza fini agonistici. … Dopo diverso tempo, altri due morti in acrobazia a Ferrara durante un’esibizione. Il Twin Acro si spezza a bassa quota in volo rovescio. Probabilmente superati i limiti strutturali. O forse (l’indagine qui è particolarmente intricata e piena di conseguenze) si ipotizza un danno strutturale precedente, non identificato per tempo.



Ad Ambrì (Svizzera), il pilota (svizzero) di un LS6 impatta col pendio durante una termica. Giornata ventosa. Volo senza fini agonistici. … In Valmalenco, (italia) il pilota (tedesco) di un LS8 decollato da Caiolo impatta col pendio, probabilmente in termica. Giornata moderatamente ventosa. Volo senza fini agonistici. … Nei pressi del Tonale, Pejo, un pilota italiano su DG300 (con esperienza abbastanza limitata) impatta col pendio a quota della base nube. Aveva poco più di 150 ore registrate. Sembra probabile che cercasse di sfruttare tutta la quota possibile, che non era altissima in quel giorno; l’impatto sarebbe avvenuto a velocità abbastanza elevata, forse in volo rettilineo in condizioni di insufficiente visibilità. Volo senza fini agonistici (e meno che fosse un tentativo valido per il CID) … Ad Asiago, un biposto ASH25 impatta col pendio in una giornata con deboli termiche, strette, e improvvise turbolenze. Il pilota di grandissima esperienza muore. Il passeggero sopravvive ma non ricorda dettagli tecnici quali prua, velocità indicata. L’impatto è certamente avvenuto in una fase di ricerca o sfruttamento dell’ascendenza, forse in un istante di leggero sprofondamento; il pendio molto ripido era privo di alberi a causa di un precedente incendio. Non è chiaro se abbia toccato prima una tip alare, causando la perdita di controllo, o se l’abitacolo. Volo senza fini agonistici. … Ai Campionati Italiani di Gorizia, un pilota sbaglia rotta e si infila in una valle inatterrabile senza la quota per uscirne; atterra deliberatamente sulle chiome: aliante distrutto, pilota illeso. Un altro pilota (di grandissima esperienza), in prossimità dell’atterraggio fuoricampo, teme di non avere spazio sufficiente a causa della presenza di un altro aliante già atterrato, e vira verso un altro campo. Urta forse contro un albero con un’ala a pochi metri da terra: aliante distrutto e gravi fratture agli arti.



A Padova, il pilota (esperienza media) di un Ventus CM esegue un passaggio veloce a bassa quota sull’aeroporto, ma l’aliante perde dei pezzi e si disintegra. Forse ha toccato il terreno con la tip alare ad alta velocità, o forse ha superato i limiti strutturali (VNe o tirata eccessiva). … Ad Aosta, il pilota di un DG800 urta un albero con la tip alare (la winglet e parti dell’ala rimangono lì a testimoniarlo) durante il volo rettilineo a bassa quota su terreno con poca pendenza; l’aliante continua il volo rettilineo, ma dopo qualche tempo il pilota perde il controllo, e il mezzo impatta di muso, a bassa velocità, contro il pendio in una zona priva di alberi. Volo senza fini agonistici. … A Rieti, uno dei miei migliori amici (di buona esperienza: brevetto dal 94, i 500km tre anni fa con ASW15 sulle Alpi, un record italiano di 350km col PW5 nel 2001) su Discus moderatamente carico, impatta col pendio a meno di 900metri nella zona del Terminillo, in gara, ma prima del taglio del traguardo di partenza della classe Promozione. Nello stesso giorno, il pilota tedesco di un DG800B atterra a Celano a causa di un forte temporale, come altri. In seguito effettua il decollo autonomo per tornare entro sera alla base di partenza, dove lo attende la moglie (è l’anniversario di nozze); viene trovato morto all’inerno dell’abitacolo, in un prato, in seguito ad un impatto livellato, con pochissima energia orizzontale, ma evidentemente molta energia verticale. Pilota con oltre 6000 ore. Sembra un errore di valutazione delle condizioni meteo per il volo. Il temporale aveva appena scoperchiato alcune case. Volo senza fini agonistici.

Temo di aver dimenticato qualcosa (qualcuno).

Io, dagli scarni dati di cui sopra, noto solo che ogni tanto (o poco) sbattiamo contro la montagna, con conseguenze non sempre ma spesso mortali. Per evitarlo, bisogna stare più lontani aumentando il margine di sicurezza; volare più veloci; evitare qualsiasi distrazione tipo strumenti, logger, panini, pipì ecc. Se vogliamo dare la colpa all’aria, al vento, alla situazione meteo, usiamo almeno la frase: “il pilota ha mancato di adeguare il pilotaggio alla situazione meteo”. Non vedo che senso fare altre ipotesi: dall’istruzione (solo un incidente in atterraggio fuoricampo), al fattore tecnico dell’aliante (tutti tipi abbastanza diversi e con buona reputazione).

Circa l’esperienza dei piloti, è la più varia. Non è quindi questa la causa. Nessuno dei piloti deceduti in gara aveva poche ore. Sul mio libretto, a otto anni dal brevetto, ne sono segnate circa 500 (come tanti, non segno esattametne tutte le ore che faccio…). La prima gara l’ho fatta con circa 100 ore (coppa città di Rieti), e non ho corso alcun rischio. La causa è la nostra imprudenza, e non abbiamo nemmeno fatto il primo passo: quello di ammettere che siamo imprudenti.”

Scusa se lo riporto tutto intero, ma non ho trovato un solo paragrafo di troppo.