Blog e disintermediazione

Bell’articolo di Henry Jenkins del MIT Technology Review, sul fenomeno blog.

Prima di tutto: Blogger (che non è l’unico) si avvicina ai 400.000 utenti registrati, con circa 1.500 nuovi utenti al giorno. Questo vuol dire che tra poco saremo milioni! Questo grazie alla larga banda, ai nuovi strumenti che rendono facilissimo pubblicare, ma soprattutto alla nostra voglia di parlare di quello che ci interessa, e di ascoltare storie interessanti.

Jenkins si rende conto che il fenomeno rivoluzionerà il mondo dell’informazione, ma non spinge la sua analisi abbastanza a fondo. Si immagina quindi un futuro in cui da una parte avremo l’informazione commerciale, concentrata nelle mani di pochi potenti, che detta le notizie globali; e dall’altra parte una informazione “dal basso” che digerisce queste notizie globali e le trasforma in storie locali:

Ultimately, our media future could depend on the kind of uneasy truce that gets brokered between commercial media and these grass-roots intermediaries. Imagine a world where there are two kinds of media power: one comes through media concentration, where any message gains authority simply by being broadcast on network television; the other comes through grass-roots intermediaries, where a message gains visibility only if it is deemed relevant to a loose network of diverse publics. Broadcasting will place issues on the national agenda and define core values; bloggers will reframe those issues for different publics and ensure that everyone has a chance to be heard.

Questa mi sembra una visione troppo timida. Naturalmente ho risposto, e gli ho detto:

Imagine instead a world where “commercial media” does not exist anymore. Too radical? Don’t think so.

I see a trend: more and more, brokering content is no longer perceived as something you pay for. All those newspapers which are freely readable on the net tell me so. Are they paid by ads? Banners? Not at all, as many are discovering. Ads can be easily skipped, and nobody *worth contacting* clicks a banner. Will they request a subscription fee? Ha! They would lose viewers immediately. In favour of other free content, readily available at the blog nearest to you.

Commercial media is dead. Start your blog. If you are interesting, I may link to you.

A parte la facile battuta, davvero io credo che grazie a internet l’informazione non è più una merce che ci si aspetta di pagare. Tanto per fare un esempio, vuoi che ti venda una enciclopedia? Una Treccani in 36 volumi come nuova poco usata? Non la vuoi perché preferisci Google, che è gratis.

Stesso discorso per le notizie: leggi il giornale su internet perché è gratuito, e se fosse a pagamento ne faresti tranquillamente a meno. Mille altri sono disponibili, tutti gratis, tutti in qualche modo interessanti.

E i blogs? ancora più interessanti. Ti raccontano il Summit di Davos, il Social Forum, le Olimpiadi, ma da dentro. Sono liberi di dire quello che davvero gli passa per la testa, non devono ossequiare nessun inserzionista, non hanno padrini politici, non perseguono una strategia globale di conquista e predominio sui nostri cervelli.

Un girnalista normale legge una riga di agenzia e ci scrive un articolo di duecento parole inventandosi tutto di sana pianta. Un giornalista buono si reca sul luogo, intervista i protagonisti, e poi riassume il tutto in poche battute ad effetto, stravolgendo completamente i fatti. Il loro mestiere è vendere carta (o intermezzi pubblicitari), non informare.

Tramite i blog, i protagonisti ti parlano direttamente, ti spiegano le cose in dettaglio e con passione. Questa è disintermediazione, baby!

Guarda la colonna qui a sinistra. Tutta gente che io leggo con grandissimo interesse, da cui ogni giorno imparo qualcosa, di cui rispetto le opinioni anche quando non le condivido. Per me sono tutte voci autorevoli. Invece quanti giornalisti, tra stampa, radio e televisione, io ammiro? Forse cinque in tutto.